Il sé
Sapere chi si è e chi sono gli altri è alla base delle
interazioni sociali e della vita quotidiana; ciò che differenzia l’uomo
dall’animale è la capacità di avere un pensiero riflessivo che gli permette di
riflettere attorno al suo pensiero su chi siamo, come vorremmo essere e come
vorremmo che gli altri ci vedessero.
Nella storia, a partire dal medioevo, il sé era considerato
come un qualcosa di stabile e immutabile dovuto a degli attributi che
esistevano fin dalla nascita e che marcavano le persone; il sé è oggi
considerato dinamico grazie a vari cambiamenti tra cui la secolarizzazione (non
si crede più alla realizzazione nell’aldilà ma si considera che le persone si
debbano realizzare personalmente nella vita), l’industrializzazione (le persone
iniziavano ad essere unità produttive che si spostavano creandosi anche un
identità mobile), l’illuminismo (si inizia a pensare di potersi creare vite
migliori stando al rispetto di alcuni valori), la psicanalisi( il sé si trova
nella profondità dell’inconscio);
la psicanalisi in particolare diede un forte contributo a
questo cambiamento con la teoria dell’Es di Freud.
Sé individuale o sé
collettivo
Per tanto tempo il sé è stato considerato come un entità
individuale proprio perché si credeva che il gruppo fosse formato da tanti
individui che interagiscono tra loro e non da individui che hanno un senso
collettivo dell’identità del gruppi. Oggi esistono pareri che sostengono la
derivazione del sé dal gruppo, tra cui le teorie sul comportamento collettivo e
quelle che credono che il sé nasca dall’interazione sociale che distinguono
l’io dal me; l’io è il flusso di coscienza di se stessi mentre il me è
l’oggetto di percezione.
Le teorie dell’interazionismo simbolico, secondo cui il sé
emerge dall’interazione ovvero dagli scambi di simboli condivisi tra le
persone, quando interagiamo con gli altri usiamo numerosissimi simboli e
soprattutto subiamo l’influenza della società per quanto riguarda il pensiero
su noi stessi. Un’interazione efficace ela formazione di un sé complesso si
basano sulla capacità di immedesimarsi nell’altro per vedersi come ci vedono
gli altri (pensiero riflesso) che ci porterà a giudicare noi stessi.
Diversi studi su questo problema hanno tuttavia rilevato che
le persone vedono se stesse come pensano che le vedano gli altri essendo
talvolta inconsapevoli di ciò che le persone pensano realmente; si deduce che
ul nostro concetto di sé si correla al modo in cui cerchiamo di accrescere la
nostra immagine.
Autoconsapevolezza
Stato di coscienza che indica a noi stessi come siamo
realmente; può essere sfavorevole ma anche molto vantaggiosa e positiva e
soprattutto ci da grandi soddisfazioni quando ci paragoniamo a ideali bassi e
semplici
- Oggettiva: ci confrontiamo con ciò che ci piacerebbe essere, scopriamo i nostri limiti e manifestiamo emozioni negative cercando di correggerci. Se non ci riusciamo, riduciamo la motivazione a farlo e diventiamo pessimisti. Nasce dall’attenzione focalizzata su noi stessi come un oggetto. In questo stato possiamo essere consapevoli del sé privato e del sé pubblico. Nel sé privato, manipoliamo il nostro comportamento sulla base dei modelli interiori mentre nel sé pubblico ci presentiamo agli altri come persone positive.
- Ridotta: è il contrario dell’oggettiva, quando diventra sgradita si può arrivare a deindividuazione dove si perse il senso dell’individualità a ci si comporta come persone antisociali
Conoscenza di sé
Costruita secondo schemi simili a quelli usati per le altre persone. Quando schematizziamo noi stessi lo facciamo approfondendo alcune dimensioni che riteniamo più importanti rispetto ad altre. Nella conoscenza del sé un vantaggio è fornita dal fatto di avere degli schemi di sé suddivisi in modo associato e non in modo rigido (es: pensare di essere eccellenti in qualcosa e scarsissimi in un altro porta a provare sentimenti tanto positivi in un contesto e tanto negativi nell’altro, mentre attribuirsi degli aggettivi meno marcati(abbastanza brava, non tanto in grado) porta ad effetti meno drammatici sull’aspetto emotivo)
2. Il pensiero
Per capire che persona siamo
dobbiamo conoscere cosa pensiamo e cosa proviamo in vari contesti altrimenti
finiremmo per imputare noi stessi interamenti al nostro comportamento. La
motivazione personale è influenzata dalle autoattribuzioni e secondo l’effetto
di sovragiustificazione quanto non troviamo cause esterne del nostro
comportamento tendiamo a dire di aver scelto quel comportamento perché ci
piaceva. La motivazione di noi stessi può essere aumentata incrementando le
ricompense dovute alla qualità di un qualcosa che è stato fatto.
3. Il confronto sociale
Un altro modo di acquisire
conoscenza di sé è attraverso il
confronto sociale in quanto l’essere umano deve avere per natura fiducia,
essere apprezzato e per fare ciò cerca persone simili a se ancorandosi a gruppi
di cui sente di farne parte. Il confronto sociale non è sempre positivo,
secondo la teoria del mantenimento dell’autostima, paragoni verso l’alto
possono ridurre l’autostima mentre quelli verso il basso la possono aumentare(
si pensi a una medaglia di argento che si confronta con una medaglia d’oro e a
una di bronzo che si confronta con gli altri partecipanti; il primo è verso
l’alto, il secondo verso il basso).
4. La volontà di essere
Abbiamo tantissimi schemi
riguardo al futuro e questo è ben spiegato dalla teoria della discrepanza del
sé che ipotizza la presenza di tre dimensioni: un sé reale, un sé ideale e un
sé normativo. Le discrepanze tra queste tre dimensione comportano un intervento
nella regolazione del sé per portare noi stessi in linea con l’ideale e le
norme; questa regolazione avviene attraverso la promozione e la prevenzione;
persone orientate alla promozione vogliono concretizzare i propri ideali e si
concentrano su eventi positivi adottando strategie di avvicinamento; persone
orientate alla prevenzione vogliono adempiere alle norme e si concentrano sugli
eventi negativi adottando strategie di allontanamento da situazioni che
considerano pericolose.
Identità sociale e
personale
Abbiamo già detto che l’identità subisce numerose influenze
e secondo i teorici esistono due classi di identità che sanno definire il sé:
l’identità sociale che definisce il sé per quanto riguarda l’appartenenza a un
gruppo e l’identità personale che definisce il sé relativamente alle relazioni
e ai tratti personali; secondo altri studiosi esistono tre tipi di sé: quello
individuale, relazionale e collettivo.
Distinguere il sé dalle identità non è tuttavia molto
semplice in quanto in contesti diversi le persone si descrivono in modo diverso
e si comportano anche diversamente. Ciò
che comunque permette di avere un’immagine integrata in modo ragionevole è la
coerenza di sé stessi. La coerenza può essere migliorata cercando di ridurre i
contesti in cui cambiamo noi stessi e limitando i conflitti, cercando di
integrare la nostra identità e attribuendo i cambiamenti di noi stessi a
fattori esterni applicando l’effetto attore-osservatore.
Motivazione di sé
Dobbiamo essere motivati a voler conoscere noi stessi e lo
possiamo fare attraverso tre meccanismi:
- autovalutazione: motivazione a cercare nuove informazioni che ci descrivano che siano positive o negative. Facciamo maggiori riflessioni sui tratti periferici del sé mostrando curiosità nel conoscere ciò che gira attorno a noi stessi
- autoverifica: motivazione a cercare informazioni che confermino ciò che già conosciamo, aumenta la coerenza. Facciamo maggiori riflessioni sui tratti centrali
- Autoaccrescimento: motivazione a presentarsi come persone positive e piene di aspetti favorevoli limitando i nostri aspetti negativi. Questa necessità è maggiore quanto è stato messo in crisi un aspetto della nostra personalità che consideriamo importante. Riflettiamo maggiormente sui nostri aspetti positivi Questa strategia si basa sul fatto che le persone vogliono mantenere un immagine di sé positiva.
Autostima
Le persone che sono motivate a pensare bene di se stesse
tendono all’accrescimento e sovrastimano i propri punti forti e sono ottimiste
in modo irrealistico; molte volte questo atteggiamento può però infastidire in
quanto si può fornire un immagine di sé non corrispondente alla realtà.
L’immagine positiva di sé e una forte autostima è un obbiettivo significativo
per molte persone e molte volte connesso all’identità sociale. Anche in questo
aspetto esistono ampie differenze individuali. Coloro che hanno bassa
autostima, si pensava fino a un po’ di tempo fa che fossero persone
delinquenti, criminali e afflitte da problemi sociali tuttavia, si è visto che
la bassa autostima può derivare anche da condizioni del tutto stressanti e
alienanti della società. Si è dimostrato che la violenza molte volte è
associata a un’alta autostima ed esplode quando questi individui si sentono
minacciata la propria immagine idealizzata e possono diventare molte volte
narcisisti. Le persone cercano l’autostima perché le fa stare bene. Le ragioni
alla base della ricerca dell’autostima sono due:
- paura della morte: secondo la teoria della gestione del terrore, l’essere consapevoli dell’ineluttabilità della morte è il principale fattore motivazionale dell’esistenza umana e l’autostima permette di difendersi da questa minaccia perché aiuta le persone ad essere meno ansiose, a sentirsi immortali, positive ed entusiaste della morte.
- Ricerca dell’inclusione sociale: persone con maggiore autostima hanno maggiore inclusione sociale rispetto a quelle con bassa autostima.
Autopresentazione
La presentazione di se stessi ha influenze sulle reazioni
degli altri; può essere strategica o espressiva;
- strategica: usata da persone che si autoosservano e che vogliono modificare il comportamento in funzione di ciò che il pubblico vorrebbe vedere; le cinque motivazioni strategiche nel modo in cui presentiamo noi stessi sono l’autopromozione o persuasione delle nostre competenze, accattivamento o volontà di piacere agli altri, intimidazione o presentazione di noi stessi come essere pericolosi, esemplificazione o volontà di apparire come persone rispettabili, supplica o volontà di far impietosire gli altri difronte a noi.
- espressiva: usata da persone che non si osservano ma che tuttavia vogliono trovare negli altri conferme di quello che sono per potere continuare a esistere nella propria identità, lo fanno quindi attraverso varie modalità espressive.
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