giovedì 12 giugno 2014

Atteggiamenti e persuasione

Atteggiamento = Un atteggiamento è una valutazione personale di persone, oggetti ed eventi che fanno parte del nostro mondo e si basano su credenze e sentimenti.
Significa letteralmente essere adatto, pronto all’azione. In psicologia è un costrutto teorico non osservabile in modo diretto che precede il nostro comportamento e guida le nostre scelte o azioni in merito a ciò che decidiamo di fare.

Gordon Allport considerava l’atteggiamento come uno dei concetti più indispensabili della psicologia, oggi essi non sono facilmente osservabili, possono essere di varia natura e soprattutto sono fondamentali e pervasivi nella vita di ognuno di noi; se non avessimo gli atteggiamenti non saremmo capaci di interpretare e reagire agli eventi, ecc.

Sempre secondo la visione di Allport gli atteggiamenti sono formati da tre componenti:
  1. componente cognitiva: pensiero
  2. componente affettiva: sentimento
  3. componente comportamentale: azione
Studi approfonditi da Carl Hovland nel suo famoso esperimento del 1960 ha portato alla luce che gli atteggiamenti sono relativamente stabili in quanto tendono a perdurare nel tempo, limitati ad eventi significativi socialmente e generalizzabili.
Lo scopo primario dell’atteggiamento è quello di massimizzare le esperienze positive per il singolo individuo  e minimizzare le esperienze negative.

FORMAZIONE DEGLI ATTEGGIAMENTI
Lo sviluppo degli atteggiamenti può assumere svariate forme, dall’esperienza, alle interazioni o ancora come prodotto di processi cognitivi; per quanto riguarda la formazione di un atteggiamento, sono stati fatti numerosi esperimenti da cui sono emerse varie fonti di creazione:
  1. Esperienza diretta: quando entriamo in contatto diretto con qualcosa, sia esso un oggetto inanimato o una persona, esso ci fornisce delle informazioni circa l’oggetto in esame che vanno ad influenzare il nostro sentimento di gradimento oppure di avversione. All’interno di questa esperienza è importante l’effetto della mera esposizione secondo cui la ripetuta esposizione a un oggetto ha come conseguenza un rafforzamento in senso positivo o negativo della nostra reazione, questa forza tende a stabilizzarsi dopo un po’ di volte e ha un impatto maggiore quando non si hanno informazioni in merito a qualcosa.
  2. Condizionamento: si tratta di una forma forte di apprendimento dell’atteggiamento e consiste nella creazione di un associazione S-R che prima non esisteva e ora esiste perché lo stimolo da neutrale e diventato capace di provocare una risposta.  Ciò che viene rafforzato in questo caso sono soprattutto i comportamenti positivi attraverso dei rinforzi (condizionamento strumentale).
  3. Apprendimento sociale: riguarda tutti quegli atteggiamenti che si manifestano anche in assenza di rinforzi attraverso un processo di modellamento (Bandura)dove gli individui apprendono osservando ciò che accade agli altri in determinate situazione e modellano così il loro comportamento.

Le principali fonti di apprendimento degli atteggiamenti sono: i genitori (soprattutto per i bambini) per atteggiamenti fortemente radicali come la fede o l’orientamento politico, i mass media per quanto riguarda soprattutto le tendenze e le mode di un determinato periodo, i messaggi pubblicitari (sui bambini) con effetti talvolta positivi (es: mangiare determinati alimenti perché li mangia anche il pupazzo simpatico in tv) e talvolta negativi (es: episodi di violenza, crimini, ecc). Un’ altra  fonte importante ma meno immediata è la deduzione dei nostri pensieri rispetto a un determinato comportamento; significa fare autopercezione ovvero fare autoattribuzioni ci aiuta ad aumentare la conoscenza di noi stessi.

RIVELAZIONE DI ATTEGGIAMENTI
  1. Indizi corporei: detti anche misure fisiologiche hanno vantaggi rispetto all’autopercezione (macchina della verità) ma sono svantaggiose per la generalità e il fatto che danno informazioni molto limitate.
  2. Misure non invasive: osservare senza interferire su ciò che voglio studiare e non influenzando la persona che sto osservando, sono misure veloci e approssimative ad esempio la tecnica del falso collegamento quando si fa credere che si userà una macchina della verità per evitare che gli atteggiamenti reali vengano nascosti facendogli credere che mentire non serve.
Le misure intrusive rivelano spesso atteggiamenti impliciti di cui le persone non sono consapevoli:
  1. Tendenza sistematica nell’uso del linguaggio: può esistere un legame tra l’atteggiamento e il modo di parlare delle persone che all’interno di un gruppo fanno delle attribuzione interne ed esterne nei confronti del comportamento di chi ha fatto qualcosa che consideriamo “buono”.
  2. Attivazione dell’atteggiamento: siamo più veloci a dare delle risposte quando ciò che dice l’atteggiamento è corretto (es: bianchi sono più lenti  di fronte a una foto di una persona di colore nel premere il pulsante “buono”).
  3. Test di associazione implicita: misura del TR di atteggiamenti impopolari che le persone vorrebbero nascondere volentieri.

ATTEGGIAMENTI COME PREDITTORI DI AZIONI?
Verso gli anni trenta furono inventate le prime scale di misura degli atteggiamenti che consistevano in questionari e i primi risultati portarono alla luce che spesso le persone non fanno quello che dicono in quanto l’atteggiamento gode di uno scarso potere predittivo; per questo motivo sono stati studiati dei paradigmi per cercare di fare emergere le caratteristiche che sono capaci di favorire od ostacolare la connessione tra un atteggiamento e un’azione: un atteggiamento può essere accessibile perché facilmente recuperabile in memoria e perché esercità una forte influenza sul comportamento in quanto rafforza il collegamento. Questi atteggiamenti possono influenzare inoltre in nostro modo di categorizzare. Un atteggiamento accessibile può diventare forte e porterà ad un’attivazione automatica.

Ulteriori metodi di studio della correlazione Atteggiamento-comportamento:
  1. Teoria dell’azione ragionata (TRA): Martin Fishbein e Icek Ajzen hanno studiato con questa teoria in che modo le credenze e le intenzioni di una persona influenzano il suo modo di agire; le componenti sono:
a)     norma soggettiva: che cosa pensano gli altri di questa cosa
b) atteggiamento vs. comportamento: cosa penso io rispetto a un comportamento.
c)     Intenzione comportamentale: dichiarazione interiore di agire (lo faccio o non lo faccio?)
d)     Comportamento: l’azione eseguita
  • se la norma e l’atteggiamento sono positivi, si tenderà ad eseguire l’azione. Da questa teoria emerge non solo che il comportamento umano e razionale ma che può anche essere controllato!
  1. Teoria del comportamento pianificato (TBP): Icek Ajzen  e Madden hanno approfondito gli  studi affermando che la previsione di un comportamento a partire dall’atteggiamento è maggiore quando si ha controllo sul comportamento stesso che dipende anche dall’abitudine.
DISSONANZA COGNITIVA
È stato dimostrato che gli atteggiamenti possono cambiare e questo è causato in psicologia dalla dissonanza cognitiva  facente parte della coerenza cognitiva secondo cui le persone desiderano credere di essere coerenti in quello che pensano e fanno.
La dissonanza cognitiva, studiata da Festinger, rappresenta uno stato di tensione psicologica che si verifica quando una persona ha due o + cognizioni  (pensieri, atteggiamenti, convinzioni) opposte e quindi incoerenti tra loro. Le persone tendono ad eliminare questa dissonanza tanto più essa è elevata, cercando armonia e coerenza e per fare ciò cambiano e modificano i loro atteggiamenti attraverso il rafforzamento dell’uno o dell’altro aspetto.
La dissonanza si crea attraverso tre meccanismi:
  1. Giustificazione dello sforzo: incoerenza che nasce dal fatto che viene fatto uno sforzo elevato per raggiungere un buon risultato
  2. Obbedienza indotta: incoerenza che nasce dal fatto che il soggetto è persuaso a comportarsi in un modo contrario rispetto all’atteggiamento. Questo oltre a creare dissonanza, crea un conflitto postdecisionale e il soggetto cerca in ogni modo di convincersi e di giustificare la sua azione.
  3. Libera scelta: il fatto di poter scegliere liberamente comporta maggiore fiducia in quello che si è scelto anche se in futuro si rivelerà una scelta poco soddisfacente o sbagliata. 
CAMBIARE ATTEGGIAMENTI ATTRAVERSO LA PERSUASIONE
La comunicazione persuasiva ha lo scopo principale di cambiare gli atteggiamenti e i comportamenti del pubblico a cui si rivolge. Importanti aree di applicazione sono la pubblicità e la promozione.
Carl Hovland verso la fine della seconda Guerra Mondiale fu  incaricato di condurre ricerche su come la propaganda potesse essere utilizzata per sostenere lo sforzo bellico degli USA ; organizzò, presso l’università di Yale un gruppo di ricerca sulla persuasione. Per capire gli effetti della persuasione bisognava rispondere alla domanda del “chi dice cosa a chi e con quale effetto” da cui emergono tre variabili:
1.      La fonte o punto di partenza
2.      Il messaggio o comunicazione originata
3.      Il pubblico o bersaglio
In un opera di persuasione il pubblico deve prestare attenzione al messaggio e capirne il contenuto; se il messaggio attiva pensieri positivi verrà accettato più facilmente.
La paura è un fattore che nel campo della persuasione è stato a lungo studiato soprattutto per quanto riguarda la sua utilità nel raggiungimento dell’obiettivo di persuasione; in uno studio sull’igiene orale sono emersi tre tipi di messaggi:
1.      Poco minacciosi: avere denti e gengive malate provoca fastidi e dolore.
2.      Moderatamente minacciosi: denti e gengive poco curati sono una malattia
3.      Molto minaccioso: la malattia si diffonde a macchia d’olio.
I risultati mostrarono che i messaggi poco minacciosi causarono un cambiamento di atteggiamento maggiore rispetto a quelli molto minacciosi in quanto furono in grado di generare talmente tanta ansia e panico da far perdere parte del contenuto informativo.

COME RISPONDERE ALLA PERSUASIONE
I principali meccanismi in risposta alla persuasione:
  1. Modello della probabilità dell’elaborazione: elaborato da Petty e Cacioppo stabilisce che l’uomo è un economizzatore cognitivo che si sforza a pensare e ragionare solo su questioni che lo interessano; la persuasione può seguire un percorso centrale qualora le argomentazioni vengano approfondite e lo sforzo sia maggiore perché le troviamo interessanti, oppure può seguire un percorso periferico qualora le argomentazione non ci interessano e le elaboriamo in modo superficiale e non attento.
  2. Modello euristico-sistematico: elaborato da Shelley Chaiken distingue tra elaborazione sistematica ed euristica; l’elaborazione sistematica è quella attuata quando le persone ascoltano molto attentamente il messaggio e le argomentazioni mentre quella euristica è fatta utilizzando le scorciatoie mentali senza fare ragionamenti mentalmente complessi
In sintesi, le persone usano le scorciatoie finchè sono fermamente convinte di un qualcosa, la loro capacità di concentrazione su un messaggio  può essere influenzata dall’umore ma ciò che conta è la sintonia tra il messaggio e le nostre credenze.

COME RESISTERE ALLA PERSUASIONE
Le persone cercano di attuare dei meccanismi per difendersi dalla persuasione tanto che si può affermare che gli sforzi di persuasione spesso falliscono:
  1. Reattività: ci facciamo persuadere + facilmente se siamo convinti che il messaggio non sia destinato a persuaderci in quanto percepiamo che qualcuno voglia limitarci la nostra libertà. Ci dicono di non fare qualcosa e noi la facciamo comunque.
  2. Preavvertimento: consapevolezza di stare per diventare un bersaglio e messa in atto di meccanismi di difesa alla persuasione.
Effetto di Immunizzazione: forma di protezione che consiste nel fornire delle controargomentazioni deboli permettendo agli individui di controbattere a argomentazioni + forti. La difesa può essere basata sul sostegno se tende a rafforzare l’atteggiamento originale che non si vuole venga modificato oppure basata sull’immunizzazione se si usano controargomentazioni .

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