Il gruppo è un entità che unisce ma spesso divide, ognuno di
noi fa parte di più gruppi contemporaneamente e questo permette di creare un
identità come un mosaico di interazioni dove il gruppo diviene un importante
terreno di incontro e di scambio. Durante il corso della vita affrontiamo
numerosi passaggi da un gruppo all’altro e uno di questi passaggi importanti e
quello Infanzia-adolescenza dove si manifesta il disprezzo per il gruppo che si
sta abbandonando ma nello stesso tempo non ci si riesce ad identificare con il
gruppo nuovo. L’abbandono di un gruppo può nei casi peggiori portare a
deidentificazione.
I gruppi, sostanzialmente
sono quindi delle categorie che hanno
in comune una o più caratteristiche le quali identificano chi ne fa parte e chi
è escluso, ma sono anche delle aggregazioni
di persone che condividono uno spazio e un tempo e manifestano determinate caratteristiche
psicologiche.
In psicologia sociale, i gruppi vengono considerati degli insiemi sfuocati di persone che condividono delle
caratteristiche necessarie a identificare chi è fuori e chi è dentro.
I gruppi variano per dimensione, durata, organizzazione,
scopi, potere. Una caratteristica che però definisce il gruppo in quanto tale è
l’entitatività, ovvero un gruppo è
gruppo se è un entità coerente, distinta e unitaria. Bisogna fare attenzione
perché non tutti i gruppi di persone sono dei gruppi in senso psicologico!
L’influenza dei gruppi su noi stessi è ancora più importante
dell’influenza delle norme sul nostro comportamento proprio perché la presenza
degli altri basta a influenzarci. Norman Triplett ha condotto degli
esperimenti per verificare come varia la prestazione in presenza di un
pubblico, studi in questo campo sono stati portati avanti anche da Allport che
ha mostrato l’effetto della
facilitazione sociale secondo cui la mera presenza altrui migliora
l’esecuzione dei compiti facili e ben appresi nella maggioranza dei casi mentre
la peggiore nei compiti più complessi. La contraddizione tra miglioramento e
peggioramento può essere spiegato attraverso la teoria della pulsione secondo
cui la sola presenza fisica di membri della stessa specie provoca l’attivazione
di comportamenti abituali. La presenza di altri come causa dell’attivazione di
un comportamento di Zajonc è stata confutata da Cottrell che sulla base
della paura del giudizio ha
affermato che lo stimolo è la paura di essere giudicati dagli altri.
Altre teorie come quella della discrepanza del sé hanno ipotizzato che la facilitazione sociale
non sia per forza basata sulla pulsione (concetto psicologico di prontezza) ma
che in questo caso le persone sono consapevoli di essere “osservate” e vorrebbero
far coincidere il sé reale con il sé ideale e perciò, questa discrepanza fa si
che venga aumentata la motivazione e l’impegno nell’esecuzione di un compito
perché si vuole migliorare la propria prestazione.
Un’altra ipotesi è quella avanzata da Charles Bond che
basandosi sulla meta-analisi ha visto come in presenza di altri, le persone si
preoccupano di ottenere la migliore prestazione e ci riescono in compiti
semplici mentre in compiti difficili non riescono e ciò crea imbarazzo e
peggioramento dell’esecuzione.
In generale percepiamo gli altri come fonte di distrazione
oppure come persona a cui far vedere quanto siamo bravi ma bisogna fare delle
annotazioni perché quando gli altri sono amici o famigliari non ci sentiamo in
imbarazzo, quando si tratta di estranei tendiamo ad adeguare il nostro
comportamento agli altri e quando siamo con altri che non fanno nulla e magari
ci osservano cerchiamo di fare ciò che dobbiamo ma in modo inosservato.
Quando osserviamo dei gruppi all’opera, possiamo notare che
per molti risulta difficile coordinare il proprio comportamento con quello
degli altri in quanto si verifica una perdita
di coordinazione (prestazione collettiva peggiore di quella individuale) ma
altre volte si può trovare una perdita
di motivazione dove si può vedere un minore impegno di alcuni membri
rispetto agli altri. Quest’ultima viene considerata inerzia sociale proprio
perché l’individuo smette di fare qualcosa quando vede che lo fanno gli altri
man mano che il gruppo aumenta di dimensioni in quanto così può passare
inosservato.
Quindi per inerzia
sociale si intende la tendenza delle persone a lavorare di meno quando si
trovano in situazioni in cui lavorano anche altre persone in quanto l’impatto
di ogni membro sulla prestazione collettiva diminuisce all’aumentare della
dimensione.
Russel Goen ha indagato sulle tre motivazioni per cui rimaniamo
inerti in un gruppo:
- equità del risultato: pensiamo che gli altri non facciano nulla e quindi non facciamo nulla neanche noi per non venire considerati stupidi.
- Paura del giudizio: rimaniamo inerti soprattutto quando non possiamo essere identificati.
- Conformità allo standard: non sappiamo quale sia la norma del gruppo quindi meglio stare fermi.
Nonostante quello appena descritto esistono situazioni in
cui si verifica l’aumento della motivazione dell’impegno: quando ad esempio
compito e gruppo sono importanti per l’individuo che si sente così obbligato a
compensare l’inerzia degli altri (compensazione
sociale). Altre cause possono essere oltre la compensazione, la provenienza
da culture collettiviste, la credenza nella capacità del gruppo di ottenere
ottimi risultati, la forte identificazione con il gruppo, l’appartenenza a
gruppi con ampia coesione e solidarietà.
FUNZIONAMENTO DEL
GRUPPO
Il gruppo funziona se esiste:
- coesione
- socializzazione
- ruoli
- status
- comunicazione
- La coesione è la prima proprietà del gruppo che gli permette di essere un entità unita e autonoma con sostegno reciproco tra i membri, solidarietà, spirito di corporazione e di squadra. Uno dei presupposti affinchè ci sia coesione è l’apprezzamento reciproco che aumenta quando i membri condividono qualcosa. Una buona coesione crea conformità agli std, una forte somiglianza e buona comunicazione. Inoltre l’apprezzamento è un indice poco affidabile nei gruppi in cui i membri non si conoscono tutti tra di loro e quindi si può suddividere in due aspetti: attrazione personale e attrazione sociale; quest’ultima deriva dall’identificazione con un gruppo, possiamo apprezzare qualcuno come membro ma non come individuo.
- La socializzazione è una caratteristica che riguarda più gli individui del gruppo in sé: ogni individuo quando entra in un gruppo inizia a fare dei paragoni in merito a ricompense e potenziali relazioni con quelle dell’altro gruppo a cui appartiene (se ne ha un altro). Il processo è bidirezionale in quanto anche il gruppo valuta gli individui nei termini di contributi al gruppo che se positivi comportano l’apprezzamento. È necessario che ci sia stabilità nel legame per quanto riguarda la condivisione dei valori e degli obiettivi, la nascita di legami positivo e il desiderio di appartenenza, ma nel momento in cui l’individuo e il gruppo sono coinvolti l’uno con l’altro in maniera asimmetrica, si crea instabilità in quanto chi è meno coinvolto controlla quella maggiormente coinvolta in quanto vuole un uguaglianza. Durante la socializzazione si delineano quelli che sono detti non membri ovvero potenziali o ex membri, i quasi membri che sono coloro che stanno entrando o coloro che sono marginali, e i membri a pieno titolo che sono coloro i quali sono pienamente identificati con il gruppo, godono di privilegi e responsabilità in quanto membri a tutti glie effetti. I ruoli possono anche transitare quando le opinioni in merito sono condivise dal membro e dal gruppo.
La transizione riguarda anche l’ingresso e i cosiddetti riti
di iniziazione che hanno funzione
simbolica (per il cambiamento), funzione
di apprendistato ( aiuto agli altri ad abituarsi) e funzione di fidelizzazione (iniziative piacevoli, permessi). Per
quanto riguarda i riti di iniziazione possono essere degli eventi piacevoli ma
anche dolorosi: maggiore è il dolore dell’iniziazione maggiore sarà la
dissonanza e più favorevole è il giudizio sul gruppo.
- i ruoli rappresentano dei modelli che distinguono le varie attività all’interno del gruppo dei vari individui, mediano le relazioni con lo scopo di ottenere migliori risultati. I ruoli possono essere informali o impliciti oppure formali o espliciti. I ruoli all’interno del gruppo servono anche a suddividere il lavoro tra i suoi membri in modo tale che ognuno abbia il suo compito appositamente designato agevolando il funzionamento e la convivenza civile e serena. Spesso crediamo che il ruolo rappresenti la personalità e il modo di essere di una persona ma molte volte cadiamo vittime dell’errore di attribuzione in questo senso proprio perché tendiamo ad immedesimarci a pieno titolo nella parte che ci è stata assegnata.
- Ciò che cambia tra i vari ruoli è ovviamente lo status, ovvero la valutazione condivisa del gruppo del prestigio di un determinato ruolo. Status elevati godono di maggiore prestigio e l’esempio ecclatante è quello del leader. Secondo la teoria dell’aspettativa di status, lo status deriva da: le caratteristiche specifiche che riguardano in modo diretto le abilità della persona in esame e le caratteristiche generali che non riguardano in modo diretto le abilità nel compito ma le valutazioni positive o negative fatte da parte della società. Status specifico e generale si uniscono a formare lo status collettivo di una persona. Le caratteristiche generali inoltre creano aspettative in quanto si presume che chi goda di status generale elevato, sia più in grado di promuovere gli obiettivi e godrà anche di uno status specifico più elevato.
- La comunicazione è l’ultimo aspetto da considerare in quanto fornisce gli strumenti per poter coordinare le azioni del gruppo. Avviene attraverso diverse reti che possono essere di tipo centralizzato quando tutti i messaggi passano per un punto centrale oppure decentralizzato quando i messaggi comunicano diretti uno con l’altro. In compiti semplici, reti centralizzate migliorano la prestazione del gruppo mentre in compiti complessi funziona meglio al rete decentralizzata. Uno dei problemi della comunicazione centralizzata rimane il fatto che passando tutto per il centro i membri periferici possono sentirsi meno considerati e con meno potere degli altri e questo potrebbe causare a volte una perdita di armonia e soddisfazione generale fino a portare a dei veri conflitti di gruppo.
Una volta che il gruppo si è formato, al suo interno possono
nascere dei sottogruppi o gruppi interni che possono essere categorie inglobate
oppure categorie trasversali. Il sottogruppo non è come il ruolo, anzi molto
spesso si creano tra di essi dei veri e propri conflitti che comportano
conseguenze su tutto l’intero gruppo. Il danno è maggiore quando si tratta di
gruppi estesi che contengono sottogruppi sociodemografici con relazioni
intergruppo distruttive all’interno della società.
L’obiettivo principale che ci spinge ad entrare in gruppi in
cui l’ingresso dipende dalla nostra libera scelta è quello di identificarci con
qualcuno con cui condividiamo determinati pensieri e ideali; tra le ragioni
principali si ricorda la prossimità fisica, la possibilità di realizzare
obiettivi che da solo non potrei realizzare, il piacere della compagnia umana
che non mi fa rimanere solo, vulnerabile e insicuro, la volontà di avere un
sostegno morale in periodi-no.
Secondo Baumeister e Leary le persone
sentono un elevato bisogno di appartenenza che le spinge ad affiliarsi ai
gruppi; questo gli permette di elevare la propria autostima e il proprio valore
personale.
Secondo la teoria
dell’incertezza-identità alle persone non piace essere incerte su chi sono
e quali siano i propri atteggiamenti e/o comportamenti e per questo entrare a
far parte di un gruppo permette di ridurre questa incertezza in quanto possiamo
rivalutare e definire chi siamo realmente in seguito ad un interiorizzazione
delle caratteristiche del gruppo.
Secondo la teoria
della gestione del terrore, la principale minaccia per le persone è la
paura della morte che le spinge ad affiliarsi ad altre persone con cui
condividere e scacciare il pensiero. Queste strategie di gestione del terrore,
incrementano la sicurezza e l’autostima delle persone.
Il voler appartenere ad un gruppo non coincide sempre con il
farne parte in quanto esistono casi sempre più frequenti di esclusione, rifiuto
e devianza che portano l’individuo a condurre un esistenza del tutto solitaria.
L’esperienza dell’esclusione risulta ancor più dolorosa quando è il risultato
del cosiddetto ostracismo sociale ovvero, l’esclusione di un membro per comune
accordo del gruppo. Per il membro di un gruppo ciò che conta non è tanto l’essere
categorizzato come “membro” ma essere tenuti in considerazione in quanto tali.
LA LEADERSHIP
Il leader è colui che viene considerato una persona con
delle buone idee condivise da tutti gli altri, una persona seguita, a volte
idolata, in grado di persuadere gli altri e capace di far funzionare il gruppo
come un entità coordinata e ben organizzata.
Per leadership si
intende la capacità di influenzare i membri con lo scopo di ottenere l’aiuto
individuale per raggiungere l’obbiettivo collettivo. Deve esistere quindi un
influenza da parte di una o più persone sulle altre.
La leadership esiste se le persone sono persuase e
influenzate dalle norme e dai meccanismi del gruppo tanto da interiorizzarle e
metterle in atto come se fossero proprie convinzioni. Un leader è efficace se è
in grado di fissare obiettivi e persuadere gli altri con successo; un leader è
buono se viene lodato dagli altri, usa metodi che apprezziamo e ascolta ciò che
per noi è importante.
Il leader efficace tuttavia non è una creatura innata,
possiede solo delle caratteristiche temperamentali e di personalità che lo
rivestono di carisma e capacità di farsi piacere oltre che di comandare.
Per studiare la leadership è stata ideata una scala di
misura che utilizza le cosiddette Big Five (misure della personalità) per
definire le principali caratteristiche della personalità; secondo questa teoria
il leader dev’essere estroverso, aperto mentalmente e coscienzioso.
Altre teorie sulla leadership:
Teoria della contingenza di Fiedler
Secondo questo tipo di teoria, il
leader efficace è quello capace di affrontare una situazione e studi condotti
da Bales hanno identificato due ruoli importanti: lo specialista del compito che è colui che si concentra sul
raggiungimento delle soluzioni e lo specialista
socioemotivo che dedica maggiore attenzione all’aspetto sentimentale nella
risoluzione di un compito. Di solito lo specialista del compito è quello che
sarà considerato il leader dominante. In questa teoria Fiedler voleva
studiare se l’efficacia della leadership dipendesse dalle varie situazioni in cui si trovava ad operare e
distinte i leader orientati al compito
(di matrice autoritaria, importanza al successo del gruppo) dai leader orientati alla relazione (molto
rilassati, amichevoli, socievoli che danno importanza alla qualità delle
relazioni intergruppo). Fiedler inoltre si preoccupò di classificare le
situazioni in termini di controllo della situazione con livello da alto a
basso. L’indagine venne effettuata con
l’utilizzo di una scala del collega meno apprezzato dove i soggetti dovevano
nominare il membro che meno gli piaceva e dove punteggi bassi rappresentavano
uno stile orientato al compito mentre punteggi alti uno stile orientato alle
relazioni; nel momento in cui entra in gioco il controllo della situazione, i
leader orientati al compito sono + efficaci quando il controllo è basso o alto
mentre quelli orientati alle relazioni sono + efficaci quando il controllo è ad
un livello intermedio.
Teoria del percorso obiettivo di House
In questa teoria si ipotizza che una funzione del leader è
quella di motivare i membri cercando di chiarire loro come comportarsi per
raggiungere gli obiettivi. Il leader deve strutturare e quindi dirigere ed +
efficace quando i membri non hanno chiari i propri obiettivi, ma deve anche
curare l’aspetto personale ed emotivo e ciò è + efficace quando si tratta di
compiti noiosi e sgradevoli.
Teoria transazionale dello scambio
leader-gregario di Hollander
Queste teorie sono nate da supporto alle contingenza in
quando considerate troppo statiche e non affrontano il fatto della dinamicità
dei rapporti leader-gregari. Queste teorie vedono invece la leadership come un
processo di scambio bidirezionale. Hollander ha affermato che il leader ha
bisogno di credito personale, ovvero che i gregari ripongano in essi tutta la
fiducia e che li lascino dare sfogo alle loro ambizioni. Il credito personale
si accumula inizialmente conformandosi alle norme del gruppo e facendo vedere
che si condividono, poi assicurandosi che il gruppo lo veda come una figura
democratica, successivamente il leader deve essere sicuro che gli altri lo
ritengano adeguato al ruolo e al raggiungimento degli obiettivi e infine
mostrando indentificazione nel gruppo e nei suoi ideali e aspirazioni. Se il
leader instaura un buon rapporto con i gregari potrà influenzare il gruppo e
successivamente diventare autonomo, innovativo e creativo.
Il leader efficace crea relazioni di qualità elevata e
contribuisce all’aumento del benessere e delle prestazione lavorative dei membri.
Teoria trasformazionale
Lo scopo dei leader trasformazionali è quello di trasformare
il gruppo (ideali, obiettivi,norme condivise) e perciò hanno un elevata
influenza sui gregari che sono spinti a cambiare la loro visione e a
interiorizzare il gruppo e i suoi valori. Questi leader godono di una
caratteristica fondamentale: il carisma. Per carisma si intende la capacità del
leader di avere fascino e forza seduttiva, essere estroversi, piacevoli, aperti
mentalmente, essere lungimiranti (avere scopi futuri interessanti e far si che
diventino propri dei membri, essere in grado di esprimere le emozioni, essere
entusiasta, stimolata, convincente, sicura di sé). Questa teoria considera il carisma sia come causa che come
conseguenza della leadership efficace; i membri si identificano con il proprio
gruppo, il cui prototipo è rispecchiato dal leader che viene così considerato
come una persona influente, seducente e in cui porre fiducia. I membri
seguiranno il leader fedelmente e collegano le sue azioni alla personalità
commettendo spesso un errore
Teoria della categorizzazione del
leader
La leadership dipende dalla
misura in cui il gruppo permette al leader di esercitare il suo ruolo, il che
dipende a sua volta ma come i membri percepiscono il leader. In questa teoria,
viene data un’elevata importanza alla percezione dei membri per la costituzione
della leadership. Ognuno di noi ha in mente un prototipo o schema di che cos’è
per lui la leadership e maggiore è l’armonia con le nostre aspettative,
crescente sarà l’accettazione e il sostegno del leader
Teoria dell’identità sociale della
leadership
Secondo la visione di questa teoria, il gruppo aiuta a
formare l’identità sociale di ognuno di noi, identità che risulta importante
soprattutto in determinati momenti in cui l’individuo tende ad interiorizzare
il prototipo del gruppo. Chi incarna il prototipo è al centro dell’attenzione e
ha una forte influenza sugli altri membri. In questo senso le persone si
affidano al leader per la costruzione, mantenimento, stabilità della loro
identità. Secondo questa teoria, e grazie ad esperimento, è stato dimostrato
che gruppi salienti, sono + in grado di far identificare in esso le persone e
il leader è una persona molto più influente degli altri in quanto incarna le
caratteristiche ideali e i membri guardano a lui come fonte di ispirazione per
il proprio comportamento; inoltre sono figure apprezzate e popolari, godono di
fiducia e per questo motivo possono dare sfogo alla loro creatività, sono
rivestiti di positività e possono proteggere la loro posizione centrale in
quanto attraverso la comunicazione posso modificare il prototipo del gruppo. La fiducia dei gregari nel leader poggia sulla cura che ha
il leader della giustizia procedurale,
ovvero il fatto che sia equo verso i membri il che significa per loro rispetto.
Questa giustizia scatena una serie di reazioni positive da parte dei membri
ovviamente. Un altro aspetto da considerare è il fatto che la figura del
leader molto spesso è rivestita da parte di un uomo e quasi mai dalle donne.
Questo perché le donne, in seguito alle dure lotte per l’emancipazione sono
state sì rivestite di ruoli di rappresentanza di medio livello ma si stenta
ancora a farle avere ruoli e posizioni di alto livello. La motivazione di
questa “discriminazione” si può ricercare nel fenomeno del soffitto di vetro
ovvero, la presenza di stereotipi sociali (studiata e approfondito da Eagly
nella teoria della coerenza con il ruolo) hanno fatto si che gli uomini siano
considerati attivi mentre le donne devote. l’immagine mentale di ognuno di noi
della figura del leader è quella di una persona attiva e per questo si crede
che l’uomo per sua natura e per stereotipizzazione sia più propenso a rivestire
questa carica e la donna rimane così in una posizione del tutto scomoda.
Un’altra causa di questa differenza (ingiusta) sta nel fatto che la donna
rivendica la leadership in modo meno efficace rispetto all’uomo il quale invece
la rivendica maggiormente. Le donne che tuttavia rivendicano autorità si
trovano a dover affrontare 4 ostacoli: l’incoerenza con il ruolo, la mancata
esperienza in attività di direzione, la responsabilità della famiglia, la
mancanza di motivazione e “fame di leadership. Questo atteggiamento prettamente
femminile è causato dalla minaccia dello stereotipo in quanto hanno paura che
tutto ciò di negativo che si crede su di esse venga confermato e quindi
preferiscono stare zitte al loro posto.
LE DECISIONI NEI
GRUPPI
Prendere decisioni è una delle funzioni più importanti e
frequenti all’interno di un gruppo, si tratta di mettere d’accordo più menti su
un punto di vista comune. Davis ha indagato su come si fa a raggiungere una
posizione collettiva a partire da tante idee singole attraverso gli schemi
delle decisioni sociali che permettono di collegare varie opinioni individuali
alla decisione collettiva. La decisione può essere influenzata dalla natura del
compito cui si riferisce, dalla quantità di accordo richiesto
(maggioranza/unanimità). Molto in generale, regole rigide sono
egualitarie (stesso potere decisionale) ma anche con meno concentrazione di
potere.
Nella decisione del gruppo un elemento molto importante è la
memoria dei membri, ognuno dei quali riesce a recuperare informazioni
differenti; il riunirsi in gruppo fa si che la memoria risulti espansa e che il
gruppo ricordi di più del singolo individuo che condivide così tutto ciò che
ricorda. Il ricordo di gruppo è formato da ricordi differenti (e talvolta
versioni dei fatti diverse e molto soggettive) per quanto riguarda i fatti, ma
possiedono un ricordo uguale per quanto riguarda la memoria transattiva: tutti
sanno chi deve fare cosa e si dividono i compiti di memoria. Questa memoria se
da un lato risulta conveniente dall’altro è caratterizzata da una diseguale
distribuzione del ricordo e questo arreca danno alla memoria di gruppo nel
momento in cui ad esempio un membro molto influente non fa più parte del
gruppo. Una patologia associata alla perdita di questo tipo di memoria è la
depressione da perdita proprio perché svaniscono i ricordi condivisi, si indebolisce
il senso di essere e siamo responsabili di ricordare un qualcosa che prima
potevamo permetterci di non fare.
Molte volte le decisioni, inoltre, richiedono utilizzo di
tecniche e soluzioni creative, tra queste si ricorda il brainstorming che consiste
nella produzione di un elevato numero di idee senza badare alla qualità delle
stesse. Questa tecnica permette la generazione di un numero maggiore di idee ma
in ogni caso gli individui non sono più creativi di quello che hanno agito da
soli che spesso risultano essere loro i più creativi. Uno dei problemi
principali del brainstorming apparte l’inerzia sociale e la paura del giudizio
è il blocco produttivo: quando tante persone parlano nello stesso momento, è
difficile concentrarsi sulle proprie idee da dire ed essere creativi. La
motivazione dell’eccessiva fiducia riposta nel brainstorming va ricercata
nell’illusione dell’efficacia di gruppo ovvero la credenza che si basa
sull’esperienza secondo cui quando siamo in gruppo produciamo idee migliori di
quelle quando siamo da soli. Questa illusione si basa sul fatto che le persone
che vengono a contatto con idee che non avevano mai sentito le fanno proprie e
dimenticano di chi è stata l’idea ingigantendo il proprio contributo, il
brainstorming è divertente e le persone sono più soddisfatte quando lavorano in
gruppo, infine le persone credono di non essere state esaurienti nell’esporre
le loro idee oppure che qualcun altro li abbia preceduti e quindi si credono
più bravi degli altri.
I processi decisionali, tuttavia possono portare spesso a
prendere decisioni sbagliate e questo è dovuto spesso al fatto che esiste il
pensiero di gruppo. Il pensiero di gruppo (volontà di raggiungere un accordo
unanime che prevale sulla motivazione di adottare procedure idonee e razionali)
è causato principalmente dalla troppa coesione che porta a prendere decisione
disadeguate.
Le decisioni potrebbero anche risultare rischiose o estreme
e ciò è causato invece dalla polarizzazione di gruppo che comprende diverse
variabili: le persone convinte di un idea, quando sentono che argomentazioni
persuasive la sostengono e sono a favore di essa radicalizzano ancora di più
quell’idea; le persone, per natura umana, cercano sempre approvazione in quello
che fanno per sentirsi in armonia con se stessi e quindi in una discussione
collettiva emergono quali sono le idee socialmente desiderabili e apprezzabili
a livello culturali, una volta individuato questo estremo ci orientiamo verso
di quello ed entriamo spesso in competizione perché vogliamo apparire più
sostenitori degli altri; altri casi sono quelli dell’ignoranza pluralistica
ovvero situazioni in cui alcuni individui interni al gruppo rifiutano
privatamente una norma che presumono sia accettata dagli altri; un'altra
variabile è rappresentata dal fatto che tendiamo ad identificarmi con una norma
dell’ingroup annullando quasi la variabilità del gruppo.
Tipologie speciali di gruppo sono considerate le giurie che
si trovano a dover prendere una decisione collettiva in svariate situazioni,
sono un alternativa valida ai giudici ma non sono regolate dal sistema legale;
come tutti i gruppi possono cadere vittima dei meccanismi decisionali appena
esplicitati. La loro difficoltà consiste nel ricordare ed elaborare tantissime
informazioni il che favorisce un effetto recency che tende a dare maggiore peso
alla prova portata per ultima. Complessità delle prove, sistema legale e
linguaggio mettono in difficoltà questo gruppo e riducono la qualità delle
decisioni.
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