giovedì 12 giugno 2014

Persone nei gruppi

Il gruppo è un entità che unisce ma spesso divide, ognuno di noi fa parte di più gruppi contemporaneamente e questo permette di creare un identità come un mosaico di interazioni dove il gruppo diviene un importante terreno di incontro e di scambio. Durante il corso della vita affrontiamo numerosi passaggi da un gruppo all’altro e uno di questi passaggi importanti e quello Infanzia-adolescenza dove si manifesta il disprezzo per il gruppo che si sta abbandonando ma nello stesso tempo non ci si riesce ad identificare con il gruppo nuovo. L’abbandono di un gruppo può nei casi peggiori portare a deidentificazione.

I gruppi, sostanzialmente sono quindi delle categorie che hanno in comune una o più caratteristiche le quali identificano chi ne fa parte e chi è escluso, ma sono anche delle aggregazioni di persone che condividono uno spazio e un tempo e manifestano determinate caratteristiche psicologiche.
In psicologia sociale, i gruppi vengono considerati degli insiemi sfuocati  di persone che condividono delle caratteristiche necessarie a identificare chi è fuori e chi è dentro.
I gruppi variano per dimensione, durata, organizzazione, scopi, potere. Una caratteristica che però definisce il gruppo in quanto tale è l’entitatività, ovvero un gruppo è gruppo se è un entità coerente, distinta e unitaria. Bisogna fare attenzione perché non tutti i gruppi di persone sono dei gruppi in senso psicologico!
L’influenza dei gruppi su noi stessi è ancora più importante dell’influenza delle norme sul nostro comportamento proprio perché la presenza degli altri basta a influenzarci. Norman Triplett ha condotto degli esperimenti per verificare come varia la prestazione in presenza di un pubblico, studi in questo campo sono stati portati avanti anche da Allport che ha mostrato l’effetto della facilitazione sociale secondo cui la mera presenza altrui migliora l’esecuzione dei compiti facili e ben appresi nella maggioranza dei casi mentre la peggiore nei compiti più complessi. La contraddizione tra miglioramento e peggioramento può essere spiegato attraverso la teoria della pulsione secondo cui la sola presenza fisica di membri della stessa specie provoca l’attivazione di comportamenti abituali. La presenza di altri come causa dell’attivazione di un comportamento di Zajonc è stata confutata da Cottrell che sulla base della paura del giudizio ha affermato che lo stimolo è la paura di essere giudicati dagli altri.
Altre teorie come quella della discrepanza del sé hanno ipotizzato che la facilitazione sociale non sia per forza basata sulla pulsione (concetto psicologico di prontezza) ma che in questo caso le persone sono consapevoli di essere “osservate” e vorrebbero far coincidere il sé reale con il sé ideale e perciò, questa discrepanza fa si che venga aumentata la motivazione e l’impegno nell’esecuzione di un compito perché si vuole migliorare la propria prestazione.
Un’altra ipotesi è quella avanzata da Charles Bond che basandosi sulla meta-analisi ha visto come in presenza di altri, le persone si preoccupano di ottenere la migliore prestazione e ci riescono in compiti semplici mentre in compiti difficili non riescono e ciò crea imbarazzo e peggioramento dell’esecuzione.
In generale percepiamo gli altri come fonte di distrazione oppure come persona a cui far vedere quanto siamo bravi ma bisogna fare delle annotazioni perché quando gli altri sono amici o famigliari non ci sentiamo in imbarazzo, quando si tratta di estranei tendiamo ad adeguare il nostro comportamento agli altri e quando siamo con altri che non fanno nulla e magari ci osservano cerchiamo di fare ciò che dobbiamo ma in modo inosservato.

Quando osserviamo dei gruppi all’opera, possiamo notare che per molti risulta difficile coordinare il proprio comportamento con quello degli altri in quanto si verifica una perdita di coordinazione (prestazione collettiva peggiore di quella individuale) ma altre volte si può trovare una perdita di motivazione dove si può vedere un minore impegno di alcuni membri rispetto agli altri. Quest’ultima viene considerata inerzia sociale proprio perché l’individuo smette di fare qualcosa quando vede che lo fanno gli altri man mano che il gruppo aumenta di dimensioni in quanto così può passare inosservato.
Quindi per inerzia sociale si intende la tendenza delle persone a lavorare di meno quando si trovano in situazioni in cui lavorano anche altre persone in quanto l’impatto di ogni membro sulla prestazione collettiva diminuisce all’aumentare della dimensione.
Russel Goen ha indagato sulle tre motivazioni per cui rimaniamo inerti in un gruppo:
  1. equità del risultato: pensiamo che gli altri non facciano nulla e quindi non facciamo nulla neanche noi per non venire considerati stupidi.
  2. Paura del giudizio: rimaniamo inerti soprattutto quando non possiamo essere identificati.
  3. Conformità allo standard: non sappiamo quale sia la norma del gruppo quindi meglio stare fermi.
Nonostante quello appena descritto esistono situazioni in cui si verifica l’aumento della motivazione dell’impegno: quando ad esempio compito e gruppo sono importanti per l’individuo che si sente così obbligato a compensare l’inerzia degli altri (compensazione sociale). Altre cause possono essere oltre la compensazione, la provenienza da culture collettiviste, la credenza nella capacità del gruppo di ottenere ottimi risultati, la forte identificazione con il gruppo, l’appartenenza a gruppi con ampia coesione e solidarietà.


FUNZIONAMENTO DEL GRUPPO
Il gruppo funziona se esiste:
  1. coesione
  2. socializzazione
  3. ruoli
  4. status
  5. comunicazione
  1. La coesione è la prima proprietà del gruppo che gli permette di essere un entità unita e autonoma con sostegno reciproco tra i membri, solidarietà, spirito di corporazione e di squadra. Uno dei presupposti affinchè ci sia coesione è l’apprezzamento reciproco che aumenta quando i membri condividono qualcosa. Una buona coesione crea conformità agli std, una forte somiglianza e buona comunicazione. Inoltre l’apprezzamento è un indice poco affidabile nei gruppi in cui i membri non si conoscono tutti tra di loro e quindi si può suddividere in due aspetti: attrazione personale e attrazione sociale; quest’ultima deriva dall’identificazione con un gruppo, possiamo apprezzare qualcuno come membro ma non come individuo.
  2. La socializzazione è una caratteristica che riguarda più gli individui del gruppo in sé: ogni individuo quando entra in un gruppo inizia a fare dei paragoni in merito a ricompense e potenziali relazioni con quelle dell’altro gruppo a cui appartiene (se ne ha un altro). Il processo è bidirezionale in quanto anche il gruppo valuta gli individui nei termini di contributi al gruppo che se positivi comportano l’apprezzamento. È necessario che ci sia stabilità nel legame per quanto riguarda la condivisione dei valori e degli obiettivi, la nascita di legami positivo e il desiderio di appartenenza, ma nel momento in cui l’individuo e il gruppo sono coinvolti l’uno con l’altro in maniera asimmetrica, si crea instabilità in quanto chi è meno coinvolto controlla quella maggiormente coinvolta in quanto vuole un uguaglianza. Durante la socializzazione si delineano quelli che sono detti non membri  ovvero potenziali o ex membri, i quasi membri  che sono coloro che stanno entrando o coloro che sono marginali, e i membri a pieno titolo che sono coloro i quali sono pienamente identificati con il gruppo, godono di privilegi e responsabilità in quanto membri a tutti glie effetti.  I ruoli possono anche transitare quando le opinioni in merito sono condivise dal membro e dal gruppo.
La transizione riguarda anche l’ingresso e i cosiddetti riti di iniziazione che hanno funzione simbolica (per il cambiamento), funzione di apprendistato ( aiuto agli altri ad abituarsi) e funzione di fidelizzazione (iniziative piacevoli, permessi). Per quanto riguarda i riti di iniziazione possono essere degli eventi piacevoli ma anche dolorosi: maggiore è il dolore dell’iniziazione maggiore sarà la dissonanza e più favorevole è il giudizio sul gruppo.

  1. i ruoli rappresentano dei modelli che distinguono le varie attività all’interno del gruppo dei vari individui, mediano le relazioni con lo scopo di ottenere migliori risultati. I ruoli possono essere informali o impliciti oppure formali o espliciti. I ruoli all’interno del gruppo servono anche a suddividere il lavoro tra i suoi membri in modo tale che ognuno abbia il suo compito appositamente designato agevolando il funzionamento e la convivenza civile e serena. Spesso crediamo che il ruolo rappresenti la personalità e il modo di essere di una persona ma molte volte cadiamo vittime dell’errore di attribuzione in questo senso proprio perché tendiamo ad immedesimarci a pieno titolo nella parte che ci è stata assegnata.
  2. Ciò che cambia tra i vari ruoli è ovviamente lo status, ovvero la valutazione condivisa del gruppo del prestigio di un determinato ruolo. Status elevati godono di maggiore prestigio e l’esempio ecclatante è quello del leader. Secondo la teoria dell’aspettativa di status, lo status deriva da: le caratteristiche specifiche  che riguardano in modo diretto le abilità della persona in esame e le caratteristiche generali che non riguardano in modo diretto le abilità nel compito ma le valutazioni positive o negative fatte da parte della società. Status specifico e generale si uniscono a formare lo status collettivo di una persona. Le caratteristiche generali inoltre creano aspettative in quanto si presume che chi goda di status generale elevato, sia più in grado di promuovere gli obiettivi e godrà anche di uno status specifico più elevato.
  3. La comunicazione è l’ultimo aspetto da considerare in quanto fornisce gli strumenti per poter coordinare le azioni del gruppo. Avviene attraverso diverse reti che possono essere di tipo centralizzato quando tutti i messaggi passano per un punto centrale oppure decentralizzato quando i messaggi comunicano diretti uno con l’altro. In compiti semplici, reti centralizzate migliorano la prestazione del gruppo mentre in compiti complessi funziona meglio al rete decentralizzata.  Uno dei problemi della comunicazione centralizzata rimane il fatto che passando tutto per il centro i membri periferici possono sentirsi meno considerati e con meno potere degli altri e questo potrebbe causare a volte una perdita di armonia e soddisfazione generale fino a portare a dei veri conflitti di gruppo.
Una volta che il gruppo si è formato, al suo interno possono nascere dei sottogruppi o gruppi interni che possono essere categorie inglobate oppure categorie trasversali. Il sottogruppo non è come il ruolo, anzi molto spesso si creano tra di essi dei veri e propri conflitti che comportano conseguenze su tutto l’intero gruppo. Il danno è maggiore quando si tratta di gruppi estesi che contengono sottogruppi sociodemografici con relazioni intergruppo distruttive all’interno della società.
L’obiettivo principale che ci spinge ad entrare in gruppi in cui l’ingresso dipende dalla nostra libera scelta è quello di identificarci con qualcuno con cui condividiamo determinati pensieri e ideali; tra le ragioni principali si ricorda la prossimità fisica, la possibilità di realizzare obiettivi che da solo non potrei realizzare, il piacere della compagnia umana che non mi fa rimanere solo, vulnerabile e insicuro, la volontà di avere un sostegno morale in periodi-no.
Secondo Baumeister e Leary le persone sentono un elevato bisogno di appartenenza che le spinge ad affiliarsi ai gruppi; questo gli permette di elevare la propria autostima e il proprio valore personale.
Secondo la teoria dell’incertezza-identità alle persone non piace essere incerte su chi sono e quali siano i propri atteggiamenti e/o comportamenti e per questo entrare a far parte di un gruppo permette di ridurre questa incertezza in quanto possiamo rivalutare e definire chi siamo realmente in seguito ad un interiorizzazione delle caratteristiche del gruppo.
Secondo la teoria della gestione del terrore, la principale minaccia per le persone è la paura della morte che le spinge ad affiliarsi ad altre persone con cui condividere e scacciare il pensiero. Queste strategie di gestione del terrore, incrementano la sicurezza e l’autostima delle persone.

Il voler appartenere ad un gruppo non coincide sempre con il farne parte in quanto esistono casi sempre più frequenti di esclusione, rifiuto e devianza che portano l’individuo a condurre un esistenza del tutto solitaria. L’esperienza dell’esclusione risulta ancor più dolorosa quando è il risultato del cosiddetto ostracismo sociale ovvero, l’esclusione di un membro per comune accordo del gruppo. Per il membro di un gruppo ciò che conta non è tanto l’essere categorizzato come “membro” ma essere tenuti in considerazione in quanto tali.

LA LEADERSHIP
Il leader è colui che viene considerato una persona con delle buone idee condivise da tutti gli altri, una persona seguita, a volte idolata, in grado di persuadere gli altri e capace di far funzionare il gruppo come un entità coordinata e ben organizzata.
Per leadership si intende la capacità di influenzare i membri con lo scopo di ottenere l’aiuto individuale per raggiungere l’obbiettivo collettivo. Deve esistere quindi un influenza da parte di una o più persone sulle altre.
La leadership esiste se le persone sono persuase e influenzate dalle norme e dai meccanismi del gruppo tanto da interiorizzarle e metterle in atto come se fossero proprie convinzioni. Un leader è efficace se è in grado di fissare obiettivi e persuadere gli altri con successo; un leader è buono se viene lodato dagli altri, usa metodi che apprezziamo e ascolta ciò che per noi è importante.
Il leader efficace tuttavia non è una creatura innata, possiede solo delle caratteristiche temperamentali e di personalità che lo rivestono di carisma e capacità di farsi piacere oltre che di comandare.

Per studiare la leadership è stata ideata una scala di misura che utilizza le cosiddette Big Five (misure della personalità) per definire le principali caratteristiche della personalità; secondo questa teoria il leader dev’essere estroverso, aperto mentalmente e coscienzioso.

Altre teorie sulla leadership:

Teoria della contingenza di Fiedler
Secondo questo tipo di teoria, il leader efficace è quello capace di affrontare una situazione e studi condotti da Bales hanno identificato due ruoli importanti: lo specialista del compito che è colui che si concentra sul raggiungimento delle soluzioni e lo specialista socioemotivo che dedica maggiore attenzione all’aspetto sentimentale nella risoluzione di un compito. Di solito lo specialista del compito è quello che sarà considerato il leader dominante. In questa teoria Fiedler voleva studiare se l’efficacia della leadership dipendesse dalle varie  situazioni in cui si trovava ad operare e distinte i leader orientati al compito (di matrice autoritaria, importanza al successo del gruppo) dai leader orientati alla relazione (molto rilassati, amichevoli, socievoli che danno importanza alla qualità delle relazioni intergruppo). Fiedler inoltre si preoccupò di classificare le situazioni in termini di controllo della situazione con livello da alto a basso. L’indagine venne effettuata con l’utilizzo di una scala del collega meno apprezzato dove i soggetti dovevano nominare il membro che meno gli piaceva e dove punteggi bassi rappresentavano uno stile orientato al compito mentre punteggi alti uno stile orientato alle relazioni; nel momento in cui entra in gioco il controllo della situazione, i leader orientati al compito sono + efficaci quando il controllo è basso o alto mentre quelli orientati alle relazioni sono + efficaci quando il controllo è ad un livello intermedio.

Teoria del percorso obiettivo di House
In questa teoria si ipotizza che una funzione del leader è quella di motivare i membri cercando di chiarire loro come comportarsi per raggiungere gli obiettivi. Il leader deve strutturare e quindi dirigere ed + efficace quando i membri non hanno chiari i propri obiettivi, ma deve anche curare l’aspetto personale ed emotivo e ciò è + efficace quando si tratta di compiti noiosi e sgradevoli.

Teoria transazionale dello scambio leader-gregario di Hollander
Queste teorie sono nate da supporto alle contingenza in quando considerate troppo statiche e non affrontano il fatto della dinamicità dei rapporti leader-gregari. Queste teorie vedono invece la leadership come un processo di scambio bidirezionale. Hollander ha affermato che il leader ha bisogno di credito personale, ovvero che i gregari ripongano in essi tutta la fiducia e che li lascino dare sfogo alle loro ambizioni. Il credito personale si accumula inizialmente conformandosi alle norme del gruppo e facendo vedere che si condividono, poi assicurandosi che il gruppo lo veda come una figura democratica, successivamente il leader deve essere sicuro che gli altri lo ritengano adeguato al ruolo e al raggiungimento degli obiettivi e infine mostrando indentificazione nel gruppo e nei suoi ideali e aspirazioni. Se il leader instaura un buon rapporto con i gregari potrà influenzare il gruppo e successivamente diventare autonomo, innovativo e creativo.
Il leader efficace crea relazioni di qualità elevata e contribuisce all’aumento del benessere e delle prestazione lavorative dei membri.


Teoria trasformazionale

Lo scopo dei leader trasformazionali è quello di trasformare il gruppo (ideali, obiettivi,norme condivise) e perciò hanno un elevata influenza sui gregari che sono spinti a cambiare la loro visione e a interiorizzare il gruppo e i suoi valori. Questi leader godono di una caratteristica fondamentale: il carisma. Per carisma si intende la capacità del leader di avere fascino e forza seduttiva, essere estroversi, piacevoli, aperti mentalmente, essere lungimiranti (avere scopi futuri interessanti e far si che diventino propri dei membri, essere in grado di esprimere le emozioni, essere entusiasta, stimolata, convincente, sicura di sé). Questa teoria considera il carisma sia come causa che come conseguenza della leadership efficace; i membri si identificano con il proprio gruppo, il cui prototipo è rispecchiato dal leader che viene così considerato come una persona influente, seducente e in cui porre fiducia. I membri seguiranno il leader fedelmente e collegano le sue azioni alla personalità commettendo spesso un errore
Teoria della categorizzazione del leader
La leadership dipende dalla misura in cui il gruppo permette al leader di esercitare il suo ruolo, il che dipende a sua volta ma come i membri percepiscono il leader. In questa teoria, viene data un’elevata importanza alla percezione dei membri per la costituzione della leadership. Ognuno di noi ha in mente un prototipo o schema di che cos’è per lui la leadership e maggiore è l’armonia con le nostre aspettative, crescente sarà l’accettazione e il sostegno del leader



Teoria dell’identità sociale della leadership
Secondo la visione di questa teoria, il gruppo aiuta a formare l’identità sociale di ognuno di noi, identità che risulta importante soprattutto in determinati momenti in cui l’individuo tende ad interiorizzare il prototipo del gruppo. Chi incarna il prototipo è al centro dell’attenzione e ha una forte influenza sugli altri membri. In questo senso le persone si affidano al leader per la costruzione, mantenimento, stabilità della loro identità. Secondo questa teoria, e grazie ad esperimento, è stato dimostrato che gruppi salienti, sono + in grado di far identificare in esso le persone e il leader è una persona molto più influente degli altri in quanto incarna le caratteristiche ideali e i membri guardano a lui come fonte di ispirazione per il proprio comportamento; inoltre sono figure apprezzate e popolari, godono di fiducia e per questo motivo possono dare sfogo alla loro creatività, sono rivestiti di positività e possono proteggere la loro posizione centrale in quanto attraverso la comunicazione posso modificare il prototipo del gruppo. La fiducia dei gregari nel leader poggia sulla cura che ha il leader della giustizia procedurale, ovvero il fatto che sia equo verso i membri il che significa per loro rispetto. Questa giustizia scatena una serie di reazioni positive da parte dei membri ovviamente. Un altro aspetto da considerare è il fatto che la figura del leader molto spesso è rivestita da parte di un uomo e quasi mai dalle donne. Questo perché le donne, in seguito alle dure lotte per l’emancipazione sono state sì rivestite di ruoli di rappresentanza di medio livello ma si stenta ancora a farle avere ruoli e posizioni di alto livello. La motivazione di questa “discriminazione” si può ricercare nel fenomeno del soffitto di vetro ovvero, la presenza di stereotipi sociali (studiata e approfondito da Eagly nella teoria della coerenza con il ruolo) hanno fatto si che gli uomini siano considerati attivi mentre le donne devote. l’immagine mentale di ognuno di noi della figura del leader è quella di una persona attiva e per questo si crede che l’uomo per sua natura e per stereotipizzazione sia più propenso a rivestire questa carica e la donna rimane così in una posizione del tutto scomoda. Un’altra causa di questa differenza (ingiusta) sta nel fatto che la donna rivendica la leadership in modo meno efficace rispetto all’uomo il quale invece la rivendica maggiormente. Le donne che tuttavia rivendicano autorità si trovano a dover affrontare 4 ostacoli: l’incoerenza con il ruolo, la mancata esperienza in attività di direzione, la responsabilità della famiglia, la mancanza di motivazione e “fame di leadership. Questo atteggiamento prettamente femminile è causato dalla minaccia dello stereotipo in quanto hanno paura che tutto ciò di negativo che si crede su di esse venga confermato e quindi preferiscono stare zitte al loro posto.


LE DECISIONI NEI GRUPPI
Prendere decisioni è una delle funzioni più importanti e frequenti all’interno di un gruppo, si tratta di mettere d’accordo più menti su un punto di vista comune. Davis ha indagato su come si fa a raggiungere una posizione collettiva a partire da tante idee singole attraverso gli schemi delle decisioni sociali che permettono di collegare varie opinioni individuali alla decisione collettiva. La decisione può essere influenzata dalla natura del compito cui si riferisce, dalla quantità di accordo richiesto (maggioranza/unanimità). Molto in generale, regole rigide sono egualitarie (stesso potere decisionale) ma anche con meno concentrazione di potere.
Nella decisione del gruppo un elemento molto importante è la memoria dei membri, ognuno dei quali riesce a recuperare informazioni differenti; il riunirsi in gruppo fa si che la memoria risulti espansa e che il gruppo ricordi di più del singolo individuo che condivide così tutto ciò che ricorda. Il ricordo di gruppo è formato da ricordi differenti (e talvolta versioni dei fatti diverse e molto soggettive) per quanto riguarda i fatti, ma possiedono un ricordo uguale per quanto riguarda la memoria transattiva: tutti sanno chi deve fare cosa e si dividono i compiti di memoria. Questa memoria se da un lato risulta conveniente dall’altro è caratterizzata da una diseguale distribuzione del ricordo e questo arreca danno alla memoria di gruppo nel momento in cui ad esempio un membro molto influente non fa più parte del gruppo. Una patologia associata alla perdita di questo tipo di memoria è la depressione da perdita proprio perché svaniscono i ricordi condivisi, si indebolisce il senso di essere e siamo responsabili di ricordare un qualcosa che prima potevamo permetterci di non fare.
Molte volte le decisioni, inoltre, richiedono utilizzo di tecniche e soluzioni creative, tra queste si ricorda il brainstorming che consiste nella produzione di un elevato numero di idee senza badare alla qualità delle stesse. Questa tecnica permette la generazione di un numero maggiore di idee ma in ogni caso gli individui non sono più creativi di quello che hanno agito da soli che spesso risultano essere loro i più creativi. Uno dei problemi principali del brainstorming apparte l’inerzia sociale e la paura del giudizio è il blocco produttivo: quando tante persone parlano nello stesso momento, è difficile concentrarsi sulle proprie idee da dire ed essere creativi. La motivazione dell’eccessiva fiducia riposta nel brainstorming va ricercata nell’illusione dell’efficacia di gruppo ovvero la credenza che si basa sull’esperienza secondo cui quando siamo in gruppo produciamo idee migliori di quelle quando siamo da soli. Questa illusione si basa sul fatto che le persone che vengono a contatto con idee che non avevano mai sentito le fanno proprie e dimenticano di chi è stata l’idea ingigantendo il proprio contributo, il brainstorming è divertente e le persone sono più soddisfatte quando lavorano in gruppo, infine le persone credono di non essere state esaurienti nell’esporre le loro idee oppure che qualcun altro li abbia preceduti e quindi si credono più bravi degli altri.
I processi decisionali, tuttavia possono portare spesso a prendere decisioni sbagliate e questo è dovuto spesso al fatto che esiste il pensiero di gruppo. Il pensiero di gruppo (volontà di raggiungere un accordo unanime che prevale sulla motivazione di adottare procedure idonee e razionali) è causato principalmente dalla troppa coesione che porta a prendere decisione disadeguate.
Le decisioni potrebbero anche risultare rischiose o estreme e ciò è causato invece dalla polarizzazione di gruppo che comprende diverse variabili: le persone convinte di un idea, quando sentono che argomentazioni persuasive la sostengono e sono a favore di essa radicalizzano ancora di più quell’idea; le persone, per natura umana, cercano sempre approvazione in quello che fanno per sentirsi in armonia con se stessi e quindi in una discussione collettiva emergono quali sono le idee socialmente desiderabili e apprezzabili a livello culturali, una volta individuato questo estremo ci orientiamo verso di quello ed entriamo spesso in competizione perché vogliamo apparire più sostenitori degli altri; altri casi sono quelli dell’ignoranza pluralistica ovvero situazioni in cui alcuni individui interni al gruppo rifiutano privatamente una norma che presumono sia accettata dagli altri; un'altra variabile è rappresentata dal fatto che tendiamo ad identificarmi con una norma dell’ingroup annullando quasi la variabilità del gruppo.

Tipologie speciali di gruppo sono considerate le giurie che si trovano a dover prendere una decisione collettiva in svariate situazioni, sono un alternativa valida ai giudici ma non sono regolate dal sistema legale; come tutti i gruppi possono cadere vittima dei meccanismi decisionali appena esplicitati. La loro difficoltà consiste nel ricordare ed elaborare tantissime informazioni il che favorisce un effetto recency che tende a dare maggiore peso alla prova portata per ultima. Complessità delle prove, sistema legale e linguaggio mettono in difficoltà questo gruppo e riducono la qualità delle decisioni.

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