giovedì 12 giugno 2014

Pregiudizio e relazione intergruppo

Pregiudizio: atteggiamento caratterizzato dall’utilizzo di tendenze sistematiche di tipo cognitivo e di stereotipi. È costruito attorno ad atteggiamenti negativi forti e facilmente accessibili. Ce ne sono di due tipi, quello basato sulla razza e quello basato sul sesso.

Tra gli aspetti più brutti c’è la disumanizzazione (privazione di dignità e umanità delle persone) che si basa tuttavia su un luogo comune ed è responsabile di alcune delle più pesanti sofferenze umane (si pensi al genocidio)
Si può parlare anche di pregiudizio prematuro quando riguarda l’utilizzo di atteggiamenti negativi verso qualcuno senza avere sufficienti motivi per farlo (infondatezza).

Discriminazione: comportamento basato sul trattamento ingiusto di un determinato gruppo di persone. Molte volte può essere lesiva, offensiva e dannosa soprattutto per le minoranze. È un comportamento con una forte influenza educativa.
Può originarsi da tre comportamenti:
  1. riluttanza ad aiutare gli altri: incapacità di essere solidali con gli altri per rafforzare la loro posizione nella società.
  2. Tokenism: fare piccole concessioni a gruppi minoritari con la volontà di celare ciò che davvero si pensa di negativo nei loro confronti in quanto si vuole sviare alle accuse di pregiudizio e discriminazione che potrebbero essere attribuite. Si appare privi di alcun pregiudizio e discriminazione e soprattuto disponibili ad aiutare gli altri ma in realtà non è quella la vera volontà. Le conseguenze più dannose riguardano l’autostima di tutti quelli che ottengono favori solo perché appartenenti a una minoranza
  3. Discriminazione inversa: forma estrema di tokenism usata da persone con forti pregiudizi che favoriscono gruppi minoritari in maniera ampia. Può avere effetti positivi nel breve periodo ma non sul lungo periodo dove può ridurre l’autostima(ci si sente capaci di fare una cosa ma poi le aspettative nate da questa discriminazione inversa si rivelano del tutto sbagliate quando si scontrano con la realtà). Atteggiamenti non si riflettono sempre nelle azioni, quindi il pregiudizio non da sempre origine a discriminazione.
Razzismo: discriminazione basata sulla razza o etnia responsabile di terrificanti atti di disumanità. Attualmente si parla di nuovo razzismo, razzismo moderno, razzismo riluttante per etichettare quel razzismo che sembra essere scomparso nelle nazioni industrializzate dell’occidente ma che effettivamente non lo è: il razzismo palese è illegale e condannabile ma questo nuovo tipo è più difficile da smascherare in quanto è di tipo interiore e riflette il conflitto interno delle persone tra antipatia e valori di uguaglianza. Per risolvere il loro problema queste persone stanno lontane da chi non “sopportano” ed evitano il discorso della razza, negano di essere pervenute e lo svantaggio razziale. Il nuovo razzismo come già accennato è difficile da smascherare, la psicologia possiede vari strumenti tra cui l’analisi del discorso in quanto atteggiamenti di questo tipo possono celarsi nelle parole che usiamo, nel modo in cui ci esprimiamo e comunichiamo su e con gli outgroup razziali. Se non siamo quindi pienamente controllori di ciò che diciamo, abbiamo pochissimo controllo sui canali comunicativi non verbali e se ci comportiamo sempre così nei confronti di un determinato gruppo significa che abbiamo un pregiudizio.

Sessismo: pregiudizio e discriminazione basate sul genere sessuale, in particolare verso le donne (maggiormente vittime nella storia di atti di sessismo). Gli ruoli di genere, nonostante la storia, resistono finora in quanto sia gli uomini che le donne giudicano gli uomini maggiormente competenti e indipendenti e le donne gentili e comunicative. Si tratta di credenze interculturali o meglio di stereotipi condivisi universalmente. Tuttavia non significa che conoscere gli stereotipi implichi la loro credenza, gli li conosce e ci crede è più propenso ad avere pregiudizi di questo tipo. Esistono 4 sottotipi di donna: la donna casalinga, donna sexy (dimensione interpersonale) e donna in carriera, donna femminista (dimensione relativa alla competenza; la donna tipica si colloca più vicino alla dimensione interpersonale. Per quanto riguarda l’uomo esiste l’uomo d’affari e il macho che riflettono entrambi la competenza e l’uomo tipico si trova nel mezzo. Nella storia, uomini e donne hanno avuto ruoli sessuali diversi che sono alla base della teoria del ruolo sociale secondo cui le differenze di genere nelle occupazioni lavorative sono determinate dalla società e non da fattori biologici; l’assegnazione del ruolo inoltre spetta a chi ha più potere, ovvero l’uomo e inoltre secondo la teoria della selezione sessuale, le differenze nel comportamento tra i due generi, derivano dalla loro evoluzione. Gli stereotipi sessuali persistono quindi perché persiste l’assegnazione del ruolo in base al genere sessuale e ha portato anche alla tipizzazione di determinati ruoli (casalinga ruolo + femminile rispetto a chi lavora fuori) e se si verificasse un incremento di assunzioni femminili a rivestire ruoli maschili questo potrebbe portare ad un cambiamento degli stereotipi ma potrebbe avere anche effetto contrario ovvero quel ruolo li, tradizionalmente maschile, verrebbe meno stimato. L’accesso a ruoli maschili per le donne resta ancora oggi difficile in determinati ambienti come la dirigenza di grandi aziende in quanto anche se assunte si troverebbero a sbattere contro un soffito di vetro ovvero una barriera invisibile che le impedisce di occupare posizioni al vertice.

Stereotipi: gli stereotipi si basano sulle categorie, che sono le stesse che usiamo per relazionarci con le persone e fare distinzioni; li usiamo per costruire le nostre identità e per riflettere le relazioni intergruppo, sono quindi molto difficili da cambiare. Se spesso i pregiudizi sfociano in discriminazione, gli stereotipi possono confermarsi creando delle realtà come una sorta di profezia che si autoavvera. I gruppi nei confronti dei quali le persone hanno pregiudizio sono coscienti che saranno giudicati e trattati sulla base di stereotipi negativi che verranno confermati sulla base del comportamento (minaccia allo stereotipo) e temono per questo motivo una profezia che si autoavvera; queste preoccupazioni aumentano l’ansia e pregiudicano la qualità dell’esecuzione di un compito.

Discriminazione estrema: i bersagli del pregiudizio vengono etichettati innanzitutto con termini negativi e pesanti, considerati privi di importanza e non meritevoli di considerazione, cortesia e rispetto. Questi aspetti insieme a disumanizzazione, odio e paura possono portare ad atti estremi di discriminazione a livello individuale (uccisione e violenza). Se il pregiudizio è socialmente accettato e legittimato da origine a discriminazione di massa (sistemi di apartheid, isolamenti, segregazione, genocidio anche indiretto sfavorendo le condizioni di sopravvivenza)

LE ORIGINI DEL PREGIUDIZIO
Molte delle teorie in esame, credono che il pregiudizio abbia le sue radici nella personalità, nelle ideologie e nella politica.
  1. teoria della personalità autoritaria di Theodor Adorno: secondo cui esiste una sorta di sindrome che porta delle persone ad essere autoritarie: fascismo, pratichee autoritarie ed educative verso i bambini, etnocentrismo, intolleranza agli ebrei e minoranze, visione pessimistica dell’uomo, diffidenza vs. la democrazia. Questo studio utilizzava la california F-scale che valutava inclinazioni verso fascismo e più in generale vs gli autoritarismi
  2. teorie basate sulla politica
    1. Teoria della dominanza sociale di Jim Sidanius: è credenza comune che le società siano basate sulla dominanza di gruppi più forti il che legittima pregiudizio e oppressione. La gerarchia si rafforza e insieme anche il pregiudizio, i gruppi dominanti sono avvantaggiati e quelli subordinati sono svantaggiati. La gerarchia può essere rafforzata anche dalle istituzioni. Esistono quindi delle differenze sociali e ci sono persone più propense alla dominanza sociale; queste persone vogliono relazioni intergruppo basate su sfruttamento e potere, non considerano l’uguaglianza, hanno più pregiudizi, sono nazionalisti, sessisti, autoritari, discriminano le minoranze.
    2. Teoria della giustificazione del sistema: la stasi sociale è dovuta al fatto che le persone aderiscono a ideologie che giustificano e proteggono lo status quo. Da una parte ci sono i liberali che vogliono il cambiamento e uguaglianza, dall’altra parte ci sono i conservatori che si oppongono al cambiamento e approvano la disuguaglianza sociale. I conservatori giustificano e proteggono il sistema di più rispetto ai liberali anche se questo porta a sostenere posizioni sfavorevoli per il gruppo di appartenenza. Quest’ultimo passaggio può essere spiegato dal fatto che coloro che sostengono ideologie che rafforzano la loro posizione di svantaggio lo fanno perché vogliono ridurre l’incertezza; è meglio vivere in circostanze peggiori ma avere un posto sicuro piuttosto che modificare lo status quo e andare incontro a futuro incerto.
RELAZIONI INTERGRUPPO
Finora abbiamo studiato il pregiudizio a livello individuale, ora vedremo il pregiudizio a un livello intergruppo. I bersagli del pregiudizio sono l’outgroup quindi esso origina nell’ingroup. Tra i più diffusi comportamenti intergruppo c’è la discriminazione;
Ipotesi della frustrazione-aggressività: la frustrazione porta ad essere aggressivi e l’aggressività origina tutta dalla frustrazione che viene usata per spiegare il pregiudizio e l’aggressività intergruppo.
Ipotesi della deprivazione relativa: si intende il divario tra le aspettative e i risultati; provoca frustrazione e anticipa l’aggressività intergruppo. Le persone creano le proprie aspettative a partire dalle azioni passate e  i risultati possono ritrovarsi al di sotto della aspettative che continuano a crescere (curva a j). La conseguenza è la deprivazione relativa che provoca insoddisfazione collettiva. Ci possono essere casi di deprivazione relativa fraterna dove si prova una sensazione di possedere meno di quanto gli spetti se confrontato con le proprie aspettative o con altri gruppi;
deprivazione relativa+malcontento sociale portano alla protesta con lo scopo di ottenere un cambiamento sociale; la protesta collettiva è caratterizzata da:
  1. ingiustizia: si è indignati per il modo in cui le autorità si sono occupate di un problema sociale.
  2. Efficacia: si è convinti che si possono cambiare le cose se si agisce in gruppo. Si è più motivati a partecipare alla protesta se si crede nella vittoria e nel valore della protesta.
  3. Identità: è definita dai componenti del gruppo che si indentificano con l’identità sociale percependo come propri gli obiettivi, le credenze, le idee e le linee di azione.
LA TEORIA DEL CONFLITTO REALISTICO DI SHERIF
Idea secondo cui se i gruppi devono combattere per risorse limitate, i conflitti intergruppo si amplificano e aumenta l’etnocentrismo. (esperimento del campo estivo vedi Palmonari p.100)
Gli aspetti che possono essere sottolineati sono:
- il tasso di etnocentrismo è latente anche prima che i gruppi entrino in competizione
- il conflitto intergruppo aumenta la discriminazione, il pregiudizio e l’etnocentrismo.
- i ragazzi dell’esperimento non erano personalità autoritarie
- il gruppo dei vincitori era meno frustrato e esprimeva maggiore aggressività
- l’ingroup si forma anche se gli amici erano outgroup.
- il contatto tra membri di gruppi opposti non migliora le relazioni.
Sherif spiegò questi effetti con la teoria del conflitto realistico che spiega il comportamento intergruppo sulla base della natura delle relazioni che si basano sugli obiettivi condivisi; la natura delle relazioni sugli obiettivi influenza le relazioni intergruppo e si è visto che gli individui che condividono obiettivi che richiedono interdipendenza cooperano tra loro, riducono il conflitto e vogliono armonia mentre chi ha obiettivi esclusivi competono tra loro, puntano al conflitto e all’etnocentrismo. La competizione impedisce la formazione di un gruppo e può causare la dissoluzione del gruppo.
Nel suo esperimento, Sherif fece uso di obiettivi sovraordinati ovvero,raggiungibili solo grazie alla cooperazione di due gruppi. In ogni caso questi obiettivi non eliminano il conflitto se i gruppi falliscono e possono anche peggiorare i conflitti.

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE
Appartenere a un gruppo influenza la costruzione di se stesso e nel modo in cui la persona si percepisce.  Bisogna cercare di capire quali siano le condizioni necessarie affinchè un insieme di individui sviluppi etnocentrismo e promuova il conflitto intergruppo.
  • Gruppi minimali di Henry Tajfel: con cui si è dimostrato la tendenza a discriminare anche quando le persone vengono categorizzate casualmente. I partecipanti di questo esperimento mostrarono una preferenza del proprio gruppo anche se i gruppi erano minimali. Si ipotizzò che il solo fatto di essere categorizzati produceva etnocentrismo e competizione reciproca. A conclusione si affermò che la categorizzazione sociale è importante e che le persone si identificano anche con i gruppi minimali in quanto vogliono ridurre la propria incertezza soggettiva e sentirsi identificati con qualcuno.
L’identità sociale si forma anche grazie alle categorie sociali. Per identità sociale si intende la parte di se che deriva dall’appartenenza a un gruppo (favoritismo ingroup e adattamento alle norme sociali); l’identità personale invece è la parte di sé che deriva da tratti individuali e rapporti peculiari con le persone più vicine. Quindi le persone hanno tante identità sociali, quanti sono i gruppi a cui appartengono e tante personali quanti sono i  tratti e i rapporti con cui si definiscono.
  • Teoria della categorizzazione del sé di Turner: la rappresentazione di se come membro di un gruppo influenza l’identità sociale e il comportamento di gruppo e inter. Le categorie sociali sono rappresentate dalle persone come dei prototipi ovvero insiemi sfuocati di attributi che descrivono un gruppo che può variare a seconda del contesto sociale. La categorizzazione delle persone passa attraverso il prototipo e ciò può portare alla depersonalizzazione in quanto se usiamo gli stereotipi di gruppo le giudichiamo in base al gruppo e non come individui. Stessa cosa la facciamo per noi stessi
Il funzionamento dell’identità sociale è collegato all’attivazione delle categorie che vengono attivate in modo selettivo, in base all’accessibilità o all’adattamento al contesto. L’identità sociale in ogni caso ha due funzioni: la prima è l’autoaccrescimento secondo cui i gruppi competono per lo status di prestigio e quando il nostro gruppo lo acquisisce anche noi ci sentiamo prestigiosi (identità sociale positiva); la seconda è la riduzione dell’incertezza soggettiva dovuta al fatto che identificandoci con un gruppo andiamo ad eliminare tutti i grandi interrogativi interiori e le nostre preoccupazioni.
La ricerca dell’identità sociale positiva passa attraverso varie strategie che ci permettono di identificare cosa è meglio per noi. Tra queste i sistemi di credenze basati sulla mobilità sociale secondo cui si ritiene che i confini intergruppo siano oltrepassabili e che si possa migliorare la propria identità sociale; questo incoraggia gli individui a staccarsi dall’entità gruppo e cercare l’accettazione in gruppi dominanti. Altri sistemi sono quelli basati sul cambiamento sociale dove le persone credono che i confini siano impermeabili a qualsiasi passaggio e che lo status possa essere migliorato solo se la posizione del gruppo dominante viene resa illegittima; i gruppi subordinati agiscono in questo caso con creatività sociale, mettendo in rilievo i tratti originali del proprio gruppo. Se però lo status quo è incerto, esistono delle alternative per poter migliorare la propria identità sociale, si crea la competizione sociale ovvero un conflitto diretto intergruppo.

COME MIGLIORARE IL PREGIUDIZIO
È molto difficile in quanto i pregiudizi e gli stereotipi sono molto resistenti al cambiamento, tuttavia visto e considerato che il pregiudizio si basa in parte sull’ignoranza si può agire:
  • Educando alla tolleranza e riducendo la chiusura mentale soprattutto fin da bambini. Ma se i bambini rimangono comunque esposti al pregiudizio, l’educazione ha scarso effetto.
  • Facendo provare ai bambini la sensazione di essere denigrati e stigmatizzati. Se i bambini vengono educati a pensare agli altri non sulla base di stereotipi ma come individui come loro si può ovviamente migliorare la situazione.
  • Contatto tra i gruppi: la maggior parte dei pregiudizi è dovuto dall’isolamento fisico e sociale dei gruppi tra di loro. Il contatto può aiutare le persone a capire che in realtà sono molto più simili di quanto pensavano, oppure può marcare ancora di più differenze realmente esistenti; bisogna considerare che il pregiudizio è in parte causato da conflitto di interessi. Se però il contatto migliora le relazioni allora non significa che abbia coinvolto tutto il gruppo, anzi spesso riguarda un contatto interpersonale; ci può essere un miglioramento se c’è collaborazione per un obiettivo comune ma se esiste un vero e proprio conflitto allora entrambi i membri ricategorizzano se stessi sulla base dell’identità del gruppo (modello dell’identità dell’ingroup comune).
  • Contatto in contesti multiculturali: ignorare completamente le differenze tra i gruppi, attuare politiche di melting pot dove tutti vengono trattati alla stessa maniera può portare ad assimilazione ovvero fusione di gruppi subordinati all’interno di gruppi dominanti; i problemi sono che con il melting pot i gruppi che sono stati discriminati rimangono sempre svantaggiati a meno che non si elimini del tutto, non si tiene conto delle differente etno-culturali e le minoranze cessano di esistere. Il melting pot potrebbe dall’altra parte sfociare in multiculturalismo dove c’è un rispetto e un controllo da parte della società verso tutte le culture.

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